Skip to content

Veneto e pandemia: tenuta occupazione per coop sociali che ora chiamano la politica

Autore: Redazione
Condividi
Facebook
Twitter
LinkedIn
Email
WhatsApp
Telegram

Anche per le cooperative sociali venete, la pandemia di Covid-19 è stata un banco di prova importante. Lo scenario, drammatico, che si sono trovate davanti all’improvviso, le ha costrette a ricalibrare servizi e progetti, strumenti e modalità di gestione, senza però perdere di vista l’unicità della loro identità, che combina il valore mutualistico dei soci con la capacità di generare un valore, un impatto positivo sull’intera società. E la pandemia ha pure permesso di puntare una luce sul loro indispensabile lavoro: sul loro essere laboratorio d’innovazione sociale nel welfare, come anche sulla capacità di comprendere i bisogni delle comunità, molto spesso in anticipo rispetto alle amministrazioni pubbliche e alla politica.

 

È tra quanto emerso dal quinto Congresso regionale delle cooperative sociali di Legacoop Veneto, che si è tenuto oggi a Padova. Un evento coinciso con un anniversario importante, ossia il trentennale della promulgazione della legge 381 che proprio nel novembre 1991 istituiva la cooperazione sociale. E le affidava un mandato, il perseguimento dell’interesse generale della comunità alla promozione umana e all’integrazione sociale dei cittadini, che in questo ultimo anno le cooperative sociali hanno reso concreto e tangibile più che mai. Rimanendo un presidio importante coi loro servizi per l’infanzia e gli anziani, la salute mentale e la disabilità, tramite l’assistenza come nelle strutture (rsa, comunità alloggio, asili nido…), rimodulando i servizi chiusi e assicurando, comunque, quelli essenziali. E facendo fronte in autonomia, in tutta la prima fase, alla mancanza di dispositivi sanitari e di protocolli di sicurezza.

«È un ruolo mantenuto con tanta fatica, coraggio e responsabilità, per continuare a offrire servizi indispensabili, e non differibili, alle famiglie e alle comunità – ha sottolineato Loris Cervato, responsabile del Settore sociale di Legacoop Veneto – e per salvaguardare la propria tenuta economica e occupazionale». «Un settore che nella crisi connessa all’emergenza pandemica ha potuto “resistere” perché aveva prima saputo strutturarsi dal punto di vista imprenditoriale, anche qualificando il proprio management, e mantenere saldo il radicamento sul territorio».

 

Nonostante le grandi difficoltà affrontate – che hanno portato a un calo di fatturato del 30% rispetto al 2019 per molte cooperative di tipo A, messe in ginocchio dalla pandemia –, il mondo delle imprese del settore sociale di Legacoop Veneto ha, infatti, complessivamente tenuto e l’occupazione è stata tutelata. Certo attraverso un largo utilizzo della cassa integrazione, ma oltre a questo grazie agli ingenti sforzi profusi nel garantire molti servizi senza sapere prima con certezza se sarebbero stati a loro riconosciuti dagli enti locali i costi sostenuti per corrispondere i relativi compensi ai lavoratori.

Come ha raccontato il presidente di Legacoop Veneto Adriano Rizzi: «In un momento storico difficile e drammatico, la cooperazione sociale ha saputo diversificare le attività, innovare i servizi e cambiare l’organizzazione: anche laddove le strutture erano chiuse e i servizi sospesi, gli operatori si sono organizzati per dare una risposta alle persone in difficoltà e alle famiglie con problematiche sempre più pesanti, in un contesto in cui restava incerto se le stesse prestazioni sarebbero state pagate».

 

È un sistema, quello delle coop sociali associate a Legacoop Veneto, che conta oggi complessivamente 97 imprese, di cui 53 cooperative sociali di tipo A (che forniscono, cioè, servizi sociosanitari, formativi ed educativi) e 31 di tipo B (che si occupano dell’inserimento nel mondo del lavoro di persone in situazioni di fragilità), 11 plurime di tipo A e B e 2 consorzi. I soci, tra lavoratori e volontari, sono 13.500, mentre sono 12mila i lavoratori e le lavoratrici. Infine, tocca la soglia di oltre 360 milioni il valore della produzione, per un patrimonio netto globale di circa 77 milioni (dati aggiornati al 31/12/2020). Circa 180mila i destinatari dei loro servizi e progetti, che coinvolgono persone in difficoltà, famiglie, comunità.

 

Anche ora, in tempo di ripartenza, le cooperative sociali restano soggetti cruciali, tanto che il Governo italiano le ha inserite a pieno titolo nel Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) quali portatrici di valore e vera risorsa per le comunità locali, integrandole, in sinergia con il mondo del volontariato e con la pubblica amministrazione, nella progettazione e pianificazione di servizi di welfare innovativi. «Lavorare con il metodo della coprogettazione sui territori, anziché con lo strumento delle gare d’appalto al massimo ribasso che ha ormai da tempo ampiamente palesato le sue criticità – ha rimarcato Loris Cervato –, è quanto chiediamo a gran voce alle istituzioni locali per poter rispondere insieme in maniera ancor più puntuale ed efficace ai bisogni e alle domande dei più fragili e delle comunità».

 

A evidenziare quanto sia indispensabile un lavoro comune tra cooperazione sociale ed enti locali, ancor più di fronte alle ulteriori sfide che ora ci aspettano, pure l’assessore alla Salute, Diritti umani, Accessibilità e vita indipendente del Comune di Padova Francesca Benciolini: «La cooperazione ha avuto un ruolo fondamentale per gli enti locali nella lettura dei nuovi bisogni di fronte ai quali era indispensabile tentare percorsi e risposte nuove in tema di welfare: ancor più per questo ruolo della cooperazione sociale, che è stata il primo riferimento in tante situazioni dell’emergenza pandemica, serve trovare spazi e modalità di coprogettazione».

 

E accanto a questa della coprogettazione altre sono state le richieste consegnate alla politica locale, soprattutto in merito a questioni che restano aperte da ormai troppo tempo. A partire dalla necessità di adeguare negli appalti pubblici le tariffe riconosciute per il lavoro degli operatori, sulla base di quanto stabilito per il settore dal rinnovo del contratto nazionale già nel 2019.

E ancora, nello specifico versante dei servizi per gli anziani si è chiesto di procedere alla riqualificazione e al miglioramento delle strutture, e all’introduzione dell’accreditamento regionale (oggi riferito alle sole strutture residenziali) delle realtà che erogano servizi domiciliari. Questo contribuirà a “sottrarre” tali servizi alle gare d’appalto al massimo ribasso, in particolare in vista dell’arrivo di considerevoli risorse dedicate dal PNRR.

 

Domande raccolte dall’assessore regionale alla Sanità e al Sociale Manuela Lanzarin, che ha evidenziato come «la cooperazione sociale resti imprescindibile per le politiche sociali e sociosanitarie, soprattutto grazie alla sua capacità di innovare e sperimentare, e sia un attore centrale per cogliere al meglio le sfide prossime, a partire dalla programmazione connessa al PNRR, perché serve ripartire facendo tesoro di quello che è successo nella pandemia, anche nella costruzione di percorsi futuri». E nello specifico, rispetto alla questione del necessario adeguamento delle tariffe, ha assicurato: «È un nodo importante, che riguarda il giusto riconoscimento del lavoro svolto dalle cooperative, come la qualità dei servizi. Da parte della Regione si stanno analizzando gli aspetti tecnici per trovare le migliori soluzioni, considerando che sul fronte delle risorse la pandemia ha chiesto sforzi ingenti non previsti».

 

«Si apre ora un momento di trasformazione ulteriore – ha sottolineato da parte sua Sonia Brescacin, presidente della Quinta Commissione regionale (Politiche sociosanitarie) –, che vedrà ancora la cooperazione essere un soggetto fondamentale, anche nel cogliere le opportunità in arrivo, in un rapporto con gli enti locali rinnovato pure grazie alle sollecitazioni giunte dalla congiuntura pandemica».

 

Intervenuta al congresso, infine, Eleonora Vanni, presidente nazionale di Legacoopsociali, che in tema di transizione ecologica e di PNRR ha evidenziato: «Non può esserci una transizione sostenibile e giusta senza una cooperazione sociale forte e capace di innovarsi. Siamo disponibili a mettere a disposizione di partnership qualificate le nostre esperienze e competenze, e la nostra visione di futuro».

 

Numerose le storie di resilienza e innovazione nella pandemia raccontate al congresso dalle stesse protagoniste: le cooperative sociali. Dalla cooperativa Città solare di Padova che durante il lockdown ha riconvertito le strutture ricettive, chiuse a seguito delle disdette dei turisti, in luoghi di accoglienza per il personale sanitario e persone in isolamento; alla veneziana Cooperativa Socioculturale che gestisce rsa per anziani e da subito ha attivato canali alternativi di comunicazione tra gli ospiti e i loro familiari, dalle videochiamate alle pareti degli abbracci. Alla vicentina Giallogioia, attiva tra gli altri nell’ambito dei servizi per l’infanzia, che ha avviato iniziative di supporto a distanza per le famiglie e i bambini proponendo animazioni, letture, aiuto nei compiti e video tutorial; o Porto Alegre, che a Rovigo nell’emergenza ha destinato alcuni appartamenti al cohousing per persone senza fissa dimora, incrementato la distribuzione di generi alimentari di prima necessità e intensificato il lavoro delle unità mobili, e ancora ha prodotto mascherine nella sartoria sociale interna poi donandole a organizzazioni del terzo settore. E ancora Azalea, che nella pandemia ha dato il via a un progetto solidale di attività educative e supporto nei compiti per i figli di medici e infermieri dei due ospedali veronesi, in collaborazione con l’azienda ospedaliera e Quattro ciacole, associazione locale di professionisti, impiegando educatori dei suoi asili nido che altrimenti sarebbero stati destinati alla cassa integrazione.